Anzio, città da radici profonde.

Anzio, città dalle radici profonde.
Nell'antichità Antium venne assorbita nello stato romano.
La città ospitò Cicerone quando, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli in un posto sicuro. I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate vi possedeva una villa.
Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola e Nerone.
Quest'ultimo fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, le cui rovine sono tuttora esistenti.
Nei primi del novecento, Anzio acquistò le connotazioni
di un elegante centro balneare, meta di soggiorno di alcune note famiglie dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane.

domenica 24 agosto 2008

DA SPIGOLI.INFO

La Bella di Torriglia

Domenica, 24 Agosto 2008 | 12:46 | Faber | Categoria: FOCUS

Colta da una crisi di astinenza da scranno, da settimane Daniela Santanchè si agita senza tregua per favorire un suo recupero nel fulcro della politica nazionale. Inizialmente, ardimentosa ha provato un impensabile recupero all’interno del Governo, ma - nonostante un’auto-promozione degna del miglior programma di intrattenimento Mediaset: «Se Berlusconi dovesse ritenere di offrirmi un ruolo operativo accetterei volentieri» (1) - l’obiettivo è apparso da subito particolarmente in salita. Senza scoraggiarsi, l’ex candidata premier de La Destra, con un tempismo degno di migliori bersagli, ha archiviato la proposta - «Non mi interessa fare il sottosegretario, non è questo il punto. L’ultimo dei miei problemi è il posto» (2) - e sta pensando di riciclarsi come co-protagonista nella festa per la nascita del Popolo delle libertà: «Abbiamo il compito di partecipare con i nostri valori e la nostra identità alla costruzione del Pdl» (3). Per realizzare il nuovo obiettivo, ha quindi deciso di candidarsi alla segreteria del suo partito, in occasione del prossimo congresso di novembre, saccheggiando a piene mani il dizionario di Monsieur de La Palisse: «Per me e i sostenitori della nostra mozione essere di destra vuol dire mirare a governare…» (3).
Nonostante la lontananza dal Palazzo, la ‘pasionaria’ di Cuneo non ha però dimenticato le buone abitudini dei politicanti: dire oggi per smentire domani. Meno di un mese fa aveva precisato che «a me delle poltrone non interessa nulla. Io non mi candido a fare il segretario del mio partito, non mi interessa. Anzi, credo sia sacrosanto che il segretario del mio partito continui a essere Francesco Storace» (2) e qualche mese prima: «Ho un’ambizione grande, vorrei diventare il capopopolo della destra italiana, tradita da Fini. Nella mia campagna elettorale ho incontrato migliaia di militanti con il cuore sanguinante, noi abbiamo ridato loro un casa» (4).
Nella sua pragmatica visione, questa casa non è più rappresentata dal partito identitario, che aveva coraggiosamente deciso di candidarla come premier alle elezioni politiche, ora si chiama Pdl. Proprio quel ‘partito del predellino’ che la Santanchè aveva energicamente respinto da subito perché «…nella vita non tutto è in vendita e io alla mia identità non rinuncio… Oggi cosa dovrei fare? Mischiarmi a quella marmellata del Pdl? No, meglio sola, meglio capopolo che ministro in quel minestrone» (5). Talmente decisa da ergersi al ruolo di maestra di vita: «Indietro non si torna. Vedo un sistema di valori minacciato da tutte le parti e sento la responsabilità di difenderlo. Ma chi la conosce più la parola responsabilità…» (5).
Invece, in maniera paradossale ed irresponsabile, tanto ha detto, tanto ha fatto, ma alla fine al Cavaliere gliela vorrebbe dare… la sua iscrizione al Pdl.
Sono tante le incongruenze e le contraddizioni di questo improvviso (ma non imprevedibile) cambio di rotta e gli accadimenti non fanno altro che confermare i dubbi emersi durante la campagna elettorale, quando Daniela si impegnò assai nel trasformare il dibattito politico nel festival del battutismo, in piena sintonia con la moda inaugurata dal Cavaliere. Ciò non sorprese, lei si è da sempre dichiarata una fervente seguace: «Berlusconi è un genio che non va interpretato. Ha il merito assoluto di avere ribaltato i modi di fare politica… Un capopopolo più che uno statista. Tra il guru e il mago» (6).
Ma dopo gli show elettorali (un linguaggio decisamente trash, i giudizi prettamente estetici su Walter Veltroni, i tacchi a spillo durante la visita al campo nomadi di Roma e si potrebbe continuare…), ha meditato un rapido ritorno all’ovile riappropriandosi del politically correct, tanto disprezzato in campagna elettorale - «…non è il linguaggio del popolo» (7) - come fosse convinta che il potenziale elettorato del suo partito fosse popolato di zotici e cafoni.
Che alcuni suoi contenuti elettorali fossero più ammiccanti ai potenziali votanti che vissuti interiormente, lo aveva ben evidenziato la facilità con la quale era ripetutamente scivolata sulle viscidissime bucce di banana che l’esperto sistema dell’informazione le aveva disseminato lungo il cammino della campagna. Tanto che, in tempi non sospetti, il blog Spigoli avevo sottolineato che “la battaglia di questo appuntamento non è quella di stabilire le capacità, l’affidabilità e l’ortodossia della Santanchè, ma quella di contribuire a salvaguardare un’identità, di utilizzare il proprio voto per preservare una memoria, di combattere per non far archiviare maldestramente una storia. Poi arriverà anche il tempo delle verifiche e degli esami” (8).
Questo tempo è arrivato e sono fortissimi i dubbi che l’esame verrà superato. Quanto rammarico e quanti rimpianti nel constatare che la coerenza non fa parte neanche del bagaglio etico-politico della Santanchè, altrimenti saprebbe cosa fare rileggendo la sua risposta all’ipotesi che non superasse lo sbarramento elettorale: «Allora vuol dire che ho sbagliato tutto e andrei a casa. Sarebbe una grossa delusione, per imbarcarmi in questa esperienza ho lasciato un posto sicuro da deputata…» (9).
Intanto, si è aperto uno sterile dibattito sulle motivazioni che possano aver indotto la Santanchè ad ergersi all’interno del suo partito come strenua paladina del Pdl, un’improvvisa infatuazione che l’ha spinta addirittura a tifare per il rivale, colui che l’ha sconfitta senza neanche concederle l’onore delle armi: «Questo Governo è il mio Governo» (2). Il duello più accanito è tra chi evidenzia la sua personale e sfrenata ambizione e chi la veste da ‘quinta colonna’ berlusconiana in missione per frantumare La Destra. Rischia di essere tempo sprecato, se – letti i numerosi commenti degli aennini e anche di tanti azzurri – l’onorevole prodigio di Cuneo facesse la fine della Bella di Torriglia, che tutti la vogliono, ma nessuno la piglia.

Faber

1) Il Giornale, 21 luglio 2008
2) Il Giornale, 27 luglio 2008
3) Apcom, 22 agosto 2008
4) Il Secolo XIX, 7 aprile 2008
5) Oggi, 19 marzo 2008
6) Il Giornale, 17 dicembre 2007
7) La Repubblica, 15 marzo 2008
8) SPIGOLI, 5 aprile 2008
9) Liberazione, 4 aprile 2008

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