
In Cina esistono i campi di concentramento. Si chiamano “Laogai” e vi sono detenute milioni di persone, in condizioni pessime e costrette ai lavori forzati. La Laogai Research Foundation aiuta a far luce su questo aspetto poco noto del sistema repressivo cinese.
Il direttore Harry Wu ha un passato da forzato
Detenuto nei Laogai per 19 anni ne è oggi il più importante nemico.
C’è un’organizzazione non a scopo di lucro, la Laogai Research Foundation, che dal 1992 raccogliere informazioni sui Laogai cinesi. Il suo direttore, Harry Wu è il più famoso paladino nella lotta contro le violazioni dei diritti umani commesse nei Laogai, dove è stato detenuto per 19 anni semplicemente per aver criticato le politiche del Partito Comunista Cinese. Dal suo rilascio Harry Wu si è dato il compito di rendere noto quanto accade nei Laogai. Diventato cittadino americano, Harry Wu ha raccolto informazioni in Cina con viaggi sotto copertura come diplomatico o imprenditore, documentando innumerevoli campi di concentramento e altri centri detentivi e ha provato l’origine dal Laogai di alcune merci esportate all’estero.
Oggi la la Laogai Research Foundation ha ampliato il suo mandato fino ad occuparsi anche di esecuzioni pubbliche, racolta di organi dai prigionieri giustiziati, persecuzione per motivi religiosi e applicazione coatta della politica ripoduttiva in Cina (la “legge sul figlio unico”).
Un sistema di campi di concentramento voluto da Mao
Ampiamente usato sia per i dissidenti, sia per i criminali comuni, gli scopi dei Laogai sono essenzialmente due: utilizzare i prigionieri come manodopera a basso costo e “riabilitare i criminali” attraverso il duro lavoro e la rieducazione politica obbligatoria.
Il vasto sistema di lavori forzati cinese si chiama “Laogai”, che significa "riforma (rieducazione) attraverso il lavoro". Secondo le definizioni ufficiali, il Laogai è costituito da sei componenti: i Laogai veri e propri, le prigioni, i centri di detenzione amministrativa (cioè senza un processo), i centri di detenzione (dove stanno sia i condannati a sentenze di breve durata, sia i condannati a morte, che in Cina vengono giustiziati assai in fretta), i centri di detenzione lavoro forzato per minorenni, e infine il “Personale addetto al lavoro forzato”, cioè le persone che hanno scontato la loro pena ma che sono state ritenute “non del tutto riabilitate” e che quindi sono costrette a continuare i lavori forzati.
Il numero dei Laogai e dei prigionieri è un segreto di stato. Secondo il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sul Lavoro Forzato e la Detenzione Arbitraria, pubblicato nel 1997 dopo un viaggio in Cina, ci sono 230.000 persone in 280 campi di rieducazione attraverso il lavoro. La Laogai Research Foundation ha però individuato almeno 1000 campi in Cina e stima il numero dei detenuti fra i 4 e i 6 milioni di persone: dalla creazione del sistema dei Laogai fra i 40 e i 50 milioni di persone vi sono state imprigionate, tanto che in Cina praticamente ogni cittadino è imparentato o conosce qualcuno che è finito nei Laogai.
Il Laogai non è un semplice sistema carcerario; secondo il Ministero per la Pubblica Sicurezza, il loro scopo è trasformare i criminali in persone che "obbediscono alla legge, rispettano le pubbliche virtù, amano il proprio paese, amano il lavoro duro, e possiedono certi standard educativi e abilità produttive per la costruzione del socialismo". In questo modo infatti viene rafforzato il controllo del Partito Comunista sopprimendo qualsiasi segno di dissenso. Fra i prigionieri politici dei Loagai si trovano attivisti pro-democrazia, sindacalisti, religiosi e fedeli di varie fedi e minoranze etniche come i tibetani, gli uiguri e i mongoli.
Secondo Human Rights Watch "I problemi principali con la "rieducazione attraverso il lavoro" sono cinque: la mancanza di qualsiasi vincolo procedurale, l'uso della rieducazione per incarcerare dissitenti religiosi o politici, la mancaza dipossibilità di appello, le condizioni di vita nei campi, e il sistema Jiuye – “Personale addetto al lavoro forzato” che permette all'aturità di trattenere i prigionieri nei campi anche dopo il termine della loro condanna".
I Comitati per la Gestione della Rieducazione attraverso il Lavoro - istituiti a livello locale e diretti dal governo centrale - gestiscono i campi e stabiliscono chi ha "bisogno" di essere rieducato. Chiunque può chiedere l'intervento dei Comitati e chiedere che qualcuno venga mandato al Laogai. In genere è la polizia a determinare la durata del periodo di "rieducazione", che comunque non può superare i tre anni, anche se una volta nel campo il detenuto può essere trattenuto anche più a lungo se viene giudicato non riabilitato. Non vi è diritto d'appello, nessuna udienza, né altri diritti che possano essere vantata dalla vittima di questa procedura d'ufficio.
Una volta nel Laogai, il detenuto viene costretto a “confessare” i suoi crimini, denunciare qualsiasi opinione anti-Partito e sottoporsi al regime di rieducazione e lavoro forzato. I funzionari dei Laogai devono attenersi all’enfasi tradizionale sulla riabilitazione dei prigionieri per trasformarli in “nuove persone socialiste”, raggiungendo allo stesso tempo precisi livelli di produttività e di profitto imposti dall’alto.
Il tassello più importante del sistema di terrore cinese
Nei Laogai vengono commesse la maggior parte delle gravi violazioni dei diritti umani della Cina.
Un numero sconosciuto di persone in dissenso con il governo sono state ridotte al silenzio nei Laogai. Definiti “elementi controrivoluzionari”, questi prigionieri di coscienza vengono oggi arrestati con accuse quali “sovvertimento dell’ordine statale”, “furto di segreti di stato”, “hoolinganismo” o “protesta senza permesso”. Questo ha reso più difficile individuarli da parte delle organizzazioni internazionali che monitorano la situazione dei diritti umani, ma non ha cambiato lo schema di repressione attuato con l’imprigionamento nei Laogai.
Anche se la legge cinese vieta la tortura per estrarre confessioni, questa pratica è ampiamente diffusa nei Laogai, dove è stato documentato l’uso di bastoni in grado di somminsitrare scariche elettriche, percosse con manganelli o pugni, uso di manette e catene alle caviglie in modo da causare intenso dolore, sospensione per le braccia, privazione di cibo o sonno o isolamento per periodi prolungati.
Inoltre in Cina è in vigore un sistema legale per cui chiunque può essere detenuto fino a tre anni in un campo di rieducazione senza che sia necessario un processo. Per ottenere la detenzione amministrativa è sufficiente la direttiva di un qualsiasi funzionario della sicurezza. Con il sistema chiamato “Jiuye” poi, qualsiasi detenuto può essere trattenuto indefinitivamente ai lavori forzati se i funzionari non giudicano che sia stato “pienamente riabilitato”. In questo modo una persona può rimanere detenuto anche molto a lungo in campo di concentramento.
Tutti i prigionieri dei Laogai sono sottoposti al lavoro forzato, le cui condizioni e tipo cambiano da campo a campo. Alla Laogai Research Foundation sono noti molti resoconti di prigioneri costretti a lavorare fino a 16-18 ore al giorno per aggiungere le famigerate “quote”. Se le quote non vengono raggiunte, al prigioniero viene diminuito il cibo. Spesso i prigionieri sono costretti a lavorare in condizioni malsane o pericolose, comprese le miniere di sostanze tossiche. A volte le condizioni di lavoro sono meno pesanti e il trattamento più umano. In ogni caso i prigionieri non vengono mai pagati per il loro lavoro o per qualsiasi profitto derivato dal loro lavoro.
L’atmosfera di terrore e repressione in Cina viene anche rafforzata da campagne periodiche chiamate “Colpire duro”, durante le quali le pene già dure previste per qualsiasi reato vengono ulteriormente inasprite, i processi e le esecuzioni di massa vengono svolti in pubblico per intimidire la popolazione e propagandare il regime. Le procedure legali divengono ancora meno vincolanti e gli abusi sono la norma durante la campagne “Colpire Duro”, quando tutto diventa frenetico e chi è accusato diun crimine viene automaticamente ritenuto colpevole prima ancora del processo. E con questi metodi che il movimento pro-decmorazia è stato ridotti al silenzio attraverso il terrore sistematico.
Pena di morte e commercio di organi
Fin dagli anni '70 ai condannati a morte vengono espiantati gli organi, quasi mai senza il loro permesso. Oggi questa pratica è divenuta importante economicamente.
In base ai documenti raccolti dalla Laogai Research Foundation, la pratica di raccogliere gli organi dei prigionieri giustiziato risale alla fine degli anni ’70. Gli organi così ottenuti vengono utilizzati per i trapianti necessari ai cinesi più agiati o venduti all’estero. Nonostante venga detto che i prigionieri avrebbero dato il loro consento agli espianti, vi sono prove ceh indicano che la stragrande maggioranza dei prigionieri e delle famiglie dei prigionieri non avevano dato alcun tipo di consenso all’espianto prima dell’esecuzione.
In base alle statistiche fornite da organizzazioni come Amnesty International, la Cina da sola giustizia più persone di tutto il resto del mondo messo insieme. Va aggiunto che, poiché statistiche sono calcolate sulle esecuzione di cui è giunta voce all’estero, esse sono sicuramente di gran lunga inferiori ai dati reali. Secondo la legge penale cinese vi sono oltre 60 reati capitali, che vanno dall’omicidio al furto, dall’incendio doloso al traffico di droga. Il dato sulle esecuzioni è ritenuto un segreto di stato.
Il Laogai è parte integrante dell’economia cinese
La manodopera gratuita e coatta permette di abbassare i prezzi dei prodotti e conquistare i mercati mondiali. Ma è possibile boicottare questo sistema? Difficile ... quasi impossibile.
Per sfruttare meglio i lavoratori forzati, le autorità studiano continuamente nuovi mezzi per aumentare al produttività dei lavoratori forzati. Il lavoro forzato è visto soltanto come un mezzo ulteriore per aumentare i profitti.
I milioni di persone rinchiusi nei Laogai sono il più grande numero di persone sottoposte al lavoro forzato oggi nel mondo. L’applicazione deliberata e diffusa di questo metodo ha creato in Cina una nuova forma di economia: l’economia del lavoro forzato. Uno dei suoi teorizzatori l’ha così definità:
“Il compito fondamentale dei Laogai è la puniziione e la rieducazione dei criminali. Per definire queste funzioni conretamente, essi adempiono a questo compito nella seguente maniera: (1) punendo i criminali e tenendoli sotto stretta sorveglianza; (2) rieducando i criminali; (3) organizzando i criminali nel lavoro e nella produzione, così da migliorare il benessere della società. Le nostre unità Laogai sono sia istituzioni della dittatura, sia aziende speciali.” (Manuale per la Riforma Criminale, Partito Comunista, Ministero dells Giustizia, Ufficio Laogai, Editore Popolare dello Shaanxi, 1988)
Il Partito Comunista cinese ritiene le attività economiche che avvengono nei Laogai un segreto di stato. Anche se è stato provato che le aziende dei Laogai sono in passivo, a causa della gestione carente e della scarsa motivazione della forza lavoro coatta, le autorità cinesi cercano costantemente di integrare i Laogai nell’economia nazionale e di smerciare i prodotti dei Laogai nel mercato internazionale per guadagnare denaro corrente.
La Laogai Research Foundation e altri gruppi per i diritti umani hanno talvolta individuato alcune merci prodotte nei Laogai sui mercati internazionali. Anche se molti stati (es. Unione Europea e Stati Uniti d’America) vietano l’importazione di beni prodotti nei Laogai, le autorità cinesi camuffano l’origine di queste merci e rendono impossibile riconoscerle. A volte perfino merci non marchiate con la dicitura “Made in China” è possibile che siano state prodotte dai prigionieri forzati dei Laogai.
Facciamo un esempio: un marchio statunitense si affida a a un’azienda di import-esport cinese per trovare un’industria cinese dove far produrre i propri prodotti, questa a sua volta appalta una porizione del processo industriale a un campo Laogai, dove i prigionieri devono riempire quote loro assegnate, altrimenti vengono loro ridotte le razioni di cibo.
Con un sistema economico intersecato come quello moderno, non c’è modo di evitare questi prodotti finché il governo cinese non accetta di far chiarezza sui Laogai (cosa che ovviamente non è nel suo interesse).
Le merci prodotte nei Laogai possono essere di qualsiasi tipo. “Parti meccaniche, scarpe, fiori artificiali, giocattoli, macchinari diogni tipo, gadgets, prodotti chimici, vestiti, sapone, profumi, minerali estratti da schiavi, cotone seminato e raccolto da schiavi, thé, vino e ogni tipo di cibo, qualsiasi cosa può essere pdotta nei Laogai – dice Harry Wu.
Qualcuno proprone di boicottore tutti i prodotti cinesi, anche se è ormai diventato sempre più difficile. C’è anche una campagna internazionale per questo boicotaggio: “boycottmadeinchina”.
Harry Wu propone di scegliere almeno una serie di prodotti da boicottare, e propone i giocattoli. I giocattoli sono facili da identificare e da isolare. I consumatori che scelgono di attuare questo boicottagio però devono avvertire il proprio governo, per incoraggiarlo a fare di più per impedire lo sfruttamento dei lavoratori forzati in Cina.