Anzio, città da radici profonde.

Anzio, città dalle radici profonde.
Nell'antichità Antium venne assorbita nello stato romano.
La città ospitò Cicerone quando, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli in un posto sicuro. I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate vi possedeva una villa.
Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola e Nerone.
Quest'ultimo fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, le cui rovine sono tuttora esistenti.
Nei primi del novecento, Anzio acquistò le connotazioni
di un elegante centro balneare, meta di soggiorno di alcune note famiglie dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane.

giovedì 21 agosto 2008

DA " Il Corriere della Sera"

mercoledì in edicola Su VANITY FAIR ITALIA IN ESCLUSIVA MONDIALE

Il dramma del fratello segreto di Obama
George Hussein: «Nessuno sa che esisto»

Il più giovane e sfortunato, mai di fatto avvicinato da alcuno: «Qui viviamo con meno di un dollaro al mese»

NAIROBI - Lo stesso sangue, lo stesso dolore, lo stesso padre che li ha abbandonati bambini: ma uno è in corsa per la Casa Bianca e l’altro vive in una baraccopoli africana. George Hussein Onyango Obama, il fratello dimenticato di Barack Obama, il più giovane e il più sfortunato non si era mai fatto avvicinare da nessuno: con una giornalista di Vanity Fair Italia ha passato una giornata nel ghetto in cui abita: «nessuno sa che esisto», ha dichiarato.

(George Hussein Obama @Guy Calaf  per Vanity Fair)
(George Hussein Obama @Guy Calaf per Vanity Fair)
«Qui viviamo con meno di un dollaro al mese» racconta mentre mostra il posto dove vive, a Huruma, periferia di Nairobi. La sua baracca, due metri per tre: dal tetto di lamiera penzolano tre stampelle e altrettante magliette; un poster dell’Inter, uno del Milan e un vecchio calendario di spiagge esotiche completano l’arredamento. E un’altra cosa: la copertina di un giornale locale, con la foto del senatore Barack Obama. Suo fratello. Nel ghetto tutti lo chiamano Hussein, il suo secondo nome, musulmano. Il padre, Barack Hussein Obama senior, aveva molto vissuto: poligamo, come quasi tutti in Kenya, alla sua morte aveva lasciato quattro mogli e otto figli. Si sapeva di Auma: molto vicina al fratello americano, nei mesi duri delle primarie democratiche gli aveva dato una mano in campagna elettorale. Si sapeva di Abongo, anche noto come Roy, anche noto come Malik: ogni tanto, dal Lago Vittoria, diceva la sua a riviste e giornali. Si sapeva dell’esistenza di tre altri Obama, uno in Cina, due a Londra: interpellati, avevano scelto di non parlare. Si sapeva anche che uno, David, era morto da giovane in un incidente di moto. All’appello mancava dunque soltanto lui: George Hussein Onyango Obama.

«Vivo come un recluso, nessuno sa che esisto», racconta. Se qualcuno gli chiede del suo cognome, e accade spesso, si schermisce: «Rispondo che non è un mio parente. Mi vergogno». Ha 26 anni, gli occhi sempre amari, e poco di cui vantarsi. Si è da poco iscritto al primo anno di un istituto tecnico commerciale. Ha per dieci anni vissuto per strada. Che effetto le fa vedere suo fratello alla televisione?

Si agita mentre risponde: «Obama, Obama, Obama, sempre Obama! Ma non dovrebbero occuparsi anche di McCain?». Con il fratello, si sono visti un paio di volte. Della prima, conserva un vago ricordo, aveva solo cinque anni. Di quell’incontro, esiste una traccia: un paragrafo, nell’epilogo dell’autobiografia di Barack Obama, I sogni di mio padre, in cui lo descrive come «un bel bambino dalla testa rotonda e dallo sguardo circospetto». La seconda volta, fu due anni fa. Il senatore arrivò assieme alla famiglia: il Kenya era una tappa di un giro pubblicitario in tutta l’Africa. Con lui viaggiavano, oltre alla moglie, Michelle, anche le figlie, Malia e Sasha. Le portò a Kogelo, a conoscere la nonna Sarah, davanti alle telecamere. Si fermarono per 45 minuti

«È stato un incontro breve. Ci siamo parlati. È stato curioso. Come incontrare un estraneo», dice George Hussein. Obama Barack ha rivisto il padre una volta sola, a dieci anni. Trascorsero assieme, a Honolulu, un disastroso Natale. Poi più niente, o quasi: notizie sporadiche, i racconti di sua madre e un profondo dolore. «Almeno Barack l’ha conosciuto. Voglio conoscerlo anch’io, voglio conoscere mio padre», dice George Hussein, piano. Jael, sua madre, si è da tempo risposata, ha avuto altri figli e vive lontano. Lui è solo. «Ho dovuto imparare a sopravvivere, a prendermi quello che mi serve». Nairobi non è un luogo ameno, men che meno lo è il ghetto. A Huruma, lo scorso gennaio, negli scontri post elettorali, almeno sei persone sono morte sotto colpi di machete. «La polizia qui non ti arresta, ti spara direttamente. Due miei amici li ho visti morire ammazzati». Come si è procurato tutte quelle piccole cicatrici? «Facendo a botte», dice. «Sono bravo a fare a botte».

da: L'Unione Sarda

Costa Smeralda, Santanchè sul Billionaire:

''Andrebbe chiuso, basta veline e cafonal''

''Addio a Porto Rotondo, a Porto Cervo e alla Sardegna dei miliardari e del cafonal. Il Billionaire è diseducativo, andrebbe chiuso''. Il ''mea culpa'' arriva da Daniela Santanchè, ex parlamentare di An
Costa Smeralda, Santanchè sul Billionaire: "Basta con le veline. Addio a Porto Rotondo, a Porto Cervo, alla Sardegna dei miliardari e del cafonal, che forse l'hanno rovinata. Meglio, l'abbiamo rovinata. Così diseducativo. E il Billionaire oggi andrebbe chiuso. Perchè io mi sento a disagio, e sì mi vergogno, vedendo quanto la gente di questi tempi faccia fatica a campare". Il singolare mea culpa è dell'ex candidata premier per "La Destra" di Francesco Storace, Daniela Santanchè, durante le sue vacanze in Costa Smeralda. Eppure - nonostante le sue dichiarazioni - il locale di cui la parlamentare ex An è proprietaria assieme a Flavio Briatore va a gonfie vele. "Mai così bene. Sempre affollato, champagne nei bicchieri. Non è questo. È che è finita un'epoca, si è chiusa per sempre una stagione. Quella del lusso da sbattere in faccia, da sbandierare. Del Billionaire. Delle Ferrari. E di tutte queste barche enormi, cafonissime, con la gente normale che passa, ti guarda e ti sputerebbe in faccia. Io la mia Aston Martin ora la lascio sempre nel garage".

IL CAMBIAMENTO Secondo Santanchè, il primo a fiutare che l'aria è cambiata è stato il proprietario di Villa Certosa, il premier Silvio Berlusconi. "Ecco perchè quest'estate non si è mai fatto vedere in giro, ha disertato tutte le feste, non ha mai messo piede al Billionaire. Fino all'anno scorso bisognava legarlo per impedirgli di andare. Ma quali nottate sugli yacht con 400 persone. Serate da 40.000 euro a botta. In casa. Con la moglie, mano nella mano, i figli, i nipotini". E anche la stessa Santanchè racconta di essere rimasta sempre sulla sua barca. "Mai scesa in piazzetta, e ora finalmente parto per Forte dei Marmi e Cortina", racconta. "Qui tanto hanno in mano tutto russi e arabi. E se mi siedo al bar, due caffè, un Bellini e un'acqua minerale, centotrenta euro. Centotrenta euro. Avrei dovuto chiamare la Guardia di finanza".

OLIMPIADI


DESTRA DI VALORI… L’ITALIA ALLE OLIMPIADI RISPECCHIA IL PAESE ITALIA… MILIARDI ALLO SPORT ITALIANO,finanziato per anni dalla schedina del totocalcio,hanno generato una miriade di dirigenti e burocrati a scapito delle strutture e degli atleti…gli sport di massa sono miseramente naufragati,mentre emergono ancora una volta le individualità di alcuni che per passione personale o dei propri genitori hanno fatto dello sport una scelta di vita ed un attaccamento ai valori…
VINCIAMO nella scherma,nuoto,judo,pugilato,tiro con l’arco,vela,tiro al piattello,lotta greco-romana e…
PERDIAMO nel calcio,volley femminile,pallanuoto,basket non qualificati ecc.
La responsabilità non è degli atleti,a cui comunque va il nostro riconoscimento,ma a quei dirigenti e presidenti di società che,al di là dello spettacolo e delle leggi di mercato,ingaggiano a suon di milioni (di euro) atleti stranieri che di fatto penalizzano quelli italiani a discapito delle rappresentative nazionali…
L’ITALIA DEGLI ITALIANI,L’ITALIA AGLI ITALIANI! ANCHE NELLO SPORT,QUESTO,E’ UN VALORE DI DESTRA!

Dr. Franco Aicardi