Anzio, città da radici profonde.

Anzio, città dalle radici profonde.
Nell'antichità Antium venne assorbita nello stato romano.
La città ospitò Cicerone quando, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli in un posto sicuro. I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate vi possedeva una villa.
Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola e Nerone.
Quest'ultimo fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, le cui rovine sono tuttora esistenti.
Nei primi del novecento, Anzio acquistò le connotazioni
di un elegante centro balneare, meta di soggiorno di alcune note famiglie dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane.

venerdì 5 settembre 2008

Francesco Storace: "Facciano la legge, se ci riescono, e questa sarà una ghiotta occasione referendaria", dice il leader de La Destra



Il voto amministrativo agli immigrati non è "all'ordine del giorno del Parlamento"; l'apertura del presidente della Camera Gianfranco Fini è solo un "parere personale". Non sono ancora le 18 quando Silvio Berlusconi, a Napoli per completare la sua opera contro i rifiuti, detta un punto fermo sul dibattito innescato da Walter Veltroni e alimentato da Gianfranco Fini sui diritti politici degli stranieri non cittadini in Italia. Passano poco più di due ore e, da Formia, Walter Veltroni sottolinea un dato che è già sotto gli occhi di tutti: "Berlusconi su questo tema ha un'opinione diversa da quella del presidente della Camera. Il voto agli immigrati è nel nostro programma e continueremo a proporlo". Il premier chiude ogni spiraglio di confronto. L'ingresso degli immigrati nei seggi elettorali non è nell'agenda di palazzo Chigi e tanto meno in quella di Camera e Senato. Berlusconi sa bene che il governo non detta, e comunque non direttamente, l'ordine del giorno dei lavori delle assemblee legislative. Forse per questo ricorda che proprio Maurizio Gasparri ha escluso che "in questa legislatura ci siano i numeri e le condizioni per una svolta che sarebbe un errore". La citazione cade non a caso sul presidente dei senatori del Pdl, uomo di An, il partito di Fini. Dal palco della festa del Pd, il presidente della Camera si era limitato ieri a ricordare che il diritto di voto per i lavoratori stranieri rientra nell'equilibrio tra diritti e doveri. Ma quel sasso tirato nello specchio d'acqua della Lega Nord ha alzato più onda del tuffo nel mare proibito di Giannutri. Umberto Bossi, pienamente sostenuto da luogotenenti di primo piano come Roberto Maroni e Roberto Castelli, ha opposto il suo veto senza apprezzare nessuna delle cautele adottate dal leader di An: "La legge è chiara. Gli immigrati che non hanno cittadinanza italiana non possono votare. Fare diversamente sarebbe una follia. Punto". Unanime il disappunto del Pd che avrebbe sperato almeno nell'apertura di un confronto grazie al grimaldello di Fini. Per Marco Minniti, ministro dell'Interno nel governo ombra, "é sconcertante che il centrodestra decida di non fare nulla". Piero Fassino giudica "arrogante il modo con il quale Berlusconi ha liquidato la disponibilità di Fini", mentre il leader di Prc Paolo Ferrero parla di "governo razzista che crea apartheid". Sul voto amministrativo agli immigrati l'Udc è solidale con il Pd. "La classe politica - dice Pier Ferdinando Casini - ha il dovere di indicare una strada seria perché la demagogia sottilmente colorata di razzismo è assolutamente sbagliata".