Anzio, città da radici profonde.

Anzio, città dalle radici profonde.
Nell'antichità Antium venne assorbita nello stato romano.
La città ospitò Cicerone quando, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli in un posto sicuro. I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate vi possedeva una villa.
Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola e Nerone.
Quest'ultimo fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, le cui rovine sono tuttora esistenti.
Nei primi del novecento, Anzio acquistò le connotazioni
di un elegante centro balneare, meta di soggiorno di alcune note famiglie dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane.

domenica 24 agosto 2008

DA SPIGOLI.INFO

La Bella di Torriglia

Domenica, 24 Agosto 2008 | 12:46 | Faber | Categoria: FOCUS

Colta da una crisi di astinenza da scranno, da settimane Daniela Santanchè si agita senza tregua per favorire un suo recupero nel fulcro della politica nazionale. Inizialmente, ardimentosa ha provato un impensabile recupero all’interno del Governo, ma - nonostante un’auto-promozione degna del miglior programma di intrattenimento Mediaset: «Se Berlusconi dovesse ritenere di offrirmi un ruolo operativo accetterei volentieri» (1) - l’obiettivo è apparso da subito particolarmente in salita. Senza scoraggiarsi, l’ex candidata premier de La Destra, con un tempismo degno di migliori bersagli, ha archiviato la proposta - «Non mi interessa fare il sottosegretario, non è questo il punto. L’ultimo dei miei problemi è il posto» (2) - e sta pensando di riciclarsi come co-protagonista nella festa per la nascita del Popolo delle libertà: «Abbiamo il compito di partecipare con i nostri valori e la nostra identità alla costruzione del Pdl» (3). Per realizzare il nuovo obiettivo, ha quindi deciso di candidarsi alla segreteria del suo partito, in occasione del prossimo congresso di novembre, saccheggiando a piene mani il dizionario di Monsieur de La Palisse: «Per me e i sostenitori della nostra mozione essere di destra vuol dire mirare a governare…» (3).
Nonostante la lontananza dal Palazzo, la ‘pasionaria’ di Cuneo non ha però dimenticato le buone abitudini dei politicanti: dire oggi per smentire domani. Meno di un mese fa aveva precisato che «a me delle poltrone non interessa nulla. Io non mi candido a fare il segretario del mio partito, non mi interessa. Anzi, credo sia sacrosanto che il segretario del mio partito continui a essere Francesco Storace» (2) e qualche mese prima: «Ho un’ambizione grande, vorrei diventare il capopopolo della destra italiana, tradita da Fini. Nella mia campagna elettorale ho incontrato migliaia di militanti con il cuore sanguinante, noi abbiamo ridato loro un casa» (4).
Nella sua pragmatica visione, questa casa non è più rappresentata dal partito identitario, che aveva coraggiosamente deciso di candidarla come premier alle elezioni politiche, ora si chiama Pdl. Proprio quel ‘partito del predellino’ che la Santanchè aveva energicamente respinto da subito perché «…nella vita non tutto è in vendita e io alla mia identità non rinuncio… Oggi cosa dovrei fare? Mischiarmi a quella marmellata del Pdl? No, meglio sola, meglio capopolo che ministro in quel minestrone» (5). Talmente decisa da ergersi al ruolo di maestra di vita: «Indietro non si torna. Vedo un sistema di valori minacciato da tutte le parti e sento la responsabilità di difenderlo. Ma chi la conosce più la parola responsabilità…» (5).
Invece, in maniera paradossale ed irresponsabile, tanto ha detto, tanto ha fatto, ma alla fine al Cavaliere gliela vorrebbe dare… la sua iscrizione al Pdl.
Sono tante le incongruenze e le contraddizioni di questo improvviso (ma non imprevedibile) cambio di rotta e gli accadimenti non fanno altro che confermare i dubbi emersi durante la campagna elettorale, quando Daniela si impegnò assai nel trasformare il dibattito politico nel festival del battutismo, in piena sintonia con la moda inaugurata dal Cavaliere. Ciò non sorprese, lei si è da sempre dichiarata una fervente seguace: «Berlusconi è un genio che non va interpretato. Ha il merito assoluto di avere ribaltato i modi di fare politica… Un capopopolo più che uno statista. Tra il guru e il mago» (6).
Ma dopo gli show elettorali (un linguaggio decisamente trash, i giudizi prettamente estetici su Walter Veltroni, i tacchi a spillo durante la visita al campo nomadi di Roma e si potrebbe continuare…), ha meditato un rapido ritorno all’ovile riappropriandosi del politically correct, tanto disprezzato in campagna elettorale - «…non è il linguaggio del popolo» (7) - come fosse convinta che il potenziale elettorato del suo partito fosse popolato di zotici e cafoni.
Che alcuni suoi contenuti elettorali fossero più ammiccanti ai potenziali votanti che vissuti interiormente, lo aveva ben evidenziato la facilità con la quale era ripetutamente scivolata sulle viscidissime bucce di banana che l’esperto sistema dell’informazione le aveva disseminato lungo il cammino della campagna. Tanto che, in tempi non sospetti, il blog Spigoli avevo sottolineato che “la battaglia di questo appuntamento non è quella di stabilire le capacità, l’affidabilità e l’ortodossia della Santanchè, ma quella di contribuire a salvaguardare un’identità, di utilizzare il proprio voto per preservare una memoria, di combattere per non far archiviare maldestramente una storia. Poi arriverà anche il tempo delle verifiche e degli esami” (8).
Questo tempo è arrivato e sono fortissimi i dubbi che l’esame verrà superato. Quanto rammarico e quanti rimpianti nel constatare che la coerenza non fa parte neanche del bagaglio etico-politico della Santanchè, altrimenti saprebbe cosa fare rileggendo la sua risposta all’ipotesi che non superasse lo sbarramento elettorale: «Allora vuol dire che ho sbagliato tutto e andrei a casa. Sarebbe una grossa delusione, per imbarcarmi in questa esperienza ho lasciato un posto sicuro da deputata…» (9).
Intanto, si è aperto uno sterile dibattito sulle motivazioni che possano aver indotto la Santanchè ad ergersi all’interno del suo partito come strenua paladina del Pdl, un’improvvisa infatuazione che l’ha spinta addirittura a tifare per il rivale, colui che l’ha sconfitta senza neanche concederle l’onore delle armi: «Questo Governo è il mio Governo» (2). Il duello più accanito è tra chi evidenzia la sua personale e sfrenata ambizione e chi la veste da ‘quinta colonna’ berlusconiana in missione per frantumare La Destra. Rischia di essere tempo sprecato, se – letti i numerosi commenti degli aennini e anche di tanti azzurri – l’onorevole prodigio di Cuneo facesse la fine della Bella di Torriglia, che tutti la vogliono, ma nessuno la piglia.

Faber

1) Il Giornale, 21 luglio 2008
2) Il Giornale, 27 luglio 2008
3) Apcom, 22 agosto 2008
4) Il Secolo XIX, 7 aprile 2008
5) Oggi, 19 marzo 2008
6) Il Giornale, 17 dicembre 2007
7) La Repubblica, 15 marzo 2008
8) SPIGOLI, 5 aprile 2008
9) Liberazione, 4 aprile 2008

LETTERA DI TOMMASO STAITI ALLA SANTANCHE'

32fcfbd74e5a0292409065573805f2e3Cara Daniela,
le cose che sto per scriverti te le avrei dette a voce se tu avessi trovato il tempo per quel colloquio che ti avevo chiesto dopo la “bizzarra” riunione alla quale ho partecipato all’indomani del risultato elettorale di aprile. Ma questo colloquio non è mai avvenuto.
Troppi i tuoi impegni: per lo studio dei flussi del voto alla Destra; per la preparazione al quesito referendario, (ma ti pare davvero il caso di riaprire le “case chiuse” in un paese che non è finito “a puttane” ma “alle puttane” ?); per la partecipazione al favoloso e raffinato matrimonio di Briatore, con quel tuo spettacolare cappello che ha strappato gridolini d’ammirazione in quel ricercato dandy, ex comunista durissimo e purissimo folgorato, sulla via della Fiat di Agnelli prima, e su quella di Arcore poi, che risponde al nome di Carlo Rossella; e infine per tenere a bada quegli orsi di Storace e Buontempo.
Pazienza! Capisco e mi adeguo, anche perché non ho nessun motivo di risentimento nei tuoi confronti, ma al contrario, ti ringrazio per la determinazione con la quale hai condotto la campagna elettorale almeno fino all’ultima settimana; quella del “darla o non darla”, delle posizioni “orizzontali e verticali” e della improbabile e poco credibile difesa di ciò che tu pensi sia stato il Fascismo.
Parte del risultato, buono a mio parere, è dovuto alle tue capacità di apparire, di esserci, ci comunicare, specie nelle due trasmissioni di Santoro, cui dovresti mandare un gran mazzo di fiori. Per intenderci non nutro verso la tua persona quell’astio che invece provo per la nipotina Scicolone-Mussolini. Quando una come lei, senza colpe ma anche senza alcun merito, si trova a portare il peso di quel nome, per il quale centinaia di migliaia di italiani, da una parte e dall’altra, sono andati a morire, ha il dovere morale di non sputtanarlo con un comportamento da pescivendola napoletana.
Se avessimo avuto quel colloquio, Daniela, ti avrei consigliato di tornare rapidamente a casa: quella di Berlusconi, si intende, dal quale hai ricevuto un imprinting assolutamente indelebile.
Avresti potuto, e ancora potresti, trovare una sponda utile in Ignazio La Russa, con il quale hai avuto un lungo rapporto, credo proficuo per entrambi. Vedi, cara Daniela, quella dell’MSI e della destra italiana, non è la tua storia e cercare di attribuirtela non è credibile e suona anche un po’ ridicolo. Per età ed esperienze vissute, io sono il primo a sapere che “quella” storia è fatta di luci e di ombre, di cose poco nobili e forse anche vergognose, di vicende oscure, ma anche di pagine esaltanti, di passioni genuine, di sangue versato, di slanci disinteressati, di comunanza con il popolo italiano e di radicamento nella nostra cultura.
E’, insomma, la “nostra” storia e, come tale, ce la dobbiamo tenere tutta intera (delitti compresi), cercando di nobilitarla buttando alle ortiche tutto ciò che è legato al folklore, alle contingenze storiche; dimenticando le stupide e acritiche rivendicazioni, i pellegrinaggi turistici, le commemorazioni vuote e retoriche, per salvare invece principii e valori fondanti, intuizioni politiche che, credimi, continuano ad essere attuali, persino rivoluzionarie.
D’altra parte se a quasi tutti (religioni, ideologie politiche, teorie economiche) è consentito di sbarazzarsi senza problemi delle pagine più imbarazzanti e vergognose del proprio passato con disinvolte autocritiche ed ancor più disinvolte auto assoluzioni, perché solo noi dovremmo condannare in toto ed in blocco 80 anni di storia italiana?
Anche nella ributtante contabilità dei milioni di morti potremmo avere le carte in regola per dire la nostra.
Quali possono essere i punti fondanti per una moderna azione politica della destra italiana?
Provo ad elencarteli in rapida sintesi.
1. Sovranità, dignità e indipendenza dell’Italia proiettate nell’idea forza (la forza del mito) di un’Europa unita, forte economicamente e militarmente, conscia del proprio ruolo e che torni ad essere protagonista sulla scena mondiale. Ciò significa anche che non possiamo più essere il cagnolino scodinzolante ai piedi degli Stati Uniti. Chi ricorda l’atteggiamento servile del tuo amico Berlusconi durante la sua prima visita a Bush, può capirmi benissimo. Per me gli americani non sono stati dei liberatori ma degli occupanti! Le guerre si possono vincere o perdere, ma se si perdono, occorre farlo con dignità e senza fingere di averle vinte. Io non credo che l’Italia debba gratitudine agli americani, ma, anche se così fosse, la gratitudine non è un sentimento eterno; specie in politica estera, con gli scenari che, soprattutto ora, cambiano rapidamente. Allo stesso modo credo che quella americana all’Irak, con le menzogne che l’hanno preceduta, sia stata una vile aggressione che ha provocato danni (vittime, distruzioni, scollamento di una nazione, pulizie etniche e religiose, reazioni a catena nel mondo e nel Medio Oriente in particolare), enormemente superiori a quelli attribuibili a Saddam (morto, tra l’altro, con fierezza, come Josè Antonio Primo De Rivera, come il “Che”, come Allende). Saddam aveva tenuto unito il paese, conteneva l’influenza dell’Iran, e aveva garantito (certo da dittatore) la laicità e la libertà religiosa. Te la senti, Daniela, di lottare contro la condanna a morte di Tareq Aziz? L’America e l’americanismo ci hanno inquinato culturalmente, hanno ucciso le nostre più autentiche tradizioni, ci hanno offerto ed imposto i loro modelli e la loro visione economicistica della vita; gli Usa si comportano con l’arroganza di un impero che tuttavia non possiede una superiore visione del mondo, e della vita che non comprende la ricchezza feconda delle differenze ed inoltre, adesso, ci scarica addosso il prezzo di una gigantesca crisi economica, dovuta alla “sua” finanza virtuale, al “suo” liberismo sfrenato, alla “sua” globalizzazione, figlia di un progetto politico, il mondialismo, che richiede un pensiero unico e che non solo non assicura libertà e progresso al pianeta, ma lo sta portando alla povertà, alla fame e al declino.
2. Riaffermazione della necessità di uno stato forte ed autorevole. La progressiva distruzione dello stato italiano ci ha regalato l’attuale società, una sorta di poltiglia indistinta fondata sugli egoismi individuali. Finito lo spirito del risorgimento con la sua aspirazione all’Italia unita, finito il Fascismo che rivendicava una missione per la nazione italiana, è finito anche lo Stato, ucciso dai partiti antinazionali e dal liberismo da giungla nel quale viviamo da qualche decennio. Come diceva Prezzolini, lo Stato nasce da un contratto tra briganti (tali sono gli uomini nella loro più intima essenza), che, stanchi di ammazzarsi tra loro, decidono di darsi delle regole per poter stare insieme. Lo Stato deve perciò essere “omnia potens” anche se non “omnia fecens” e la sua eticità dovrebbe essere patrimonio di tutti. Essere contro lo Stato in nome di non si sa quali libertà dalle regole (e qui il tuo amico Berlusconi è un maestro), equivale ad affermare che poiché si è contro le malattie, si è contro gli ospedali che, com’è noto, sono pieni di malattie. E’ vero esattamente il contrario: chi è contro le malattie vuole ospedali efficienti e ben organizzati per meglio combatterle, pur nella consapevolezza che è impossibile eliminarle. Fin qui Prezzolini. Lo Stato deve essere quindi forte ed unito per imporre a tutti il rispetto delle leggi (a tutti, Daniela, a tutti…), potenti e comuni cittadini, al nord come al sud dove, nel 1943, gli USA, oltre alla “loro” democrazia, ci hanno anche imposto il ritorno della mafia.
3. Politica Sociale. Lo Stato ed una buona politica devono tendere a realizzare il maggior grado possibile di giustizia sociale per avere il massimo possibile di pace sociale. E questo non per adeguarsi ad un astratto principio di uguaglianza che non esiste in natura e nemmeno tra gli uomini, ma per perseguire fini alti e nobili che sono quelli dell’elevazione morale e culturale di tutto un popolo. I lavoratori devono partecipare alla vita delle imprese (pubbliche e private) con l’ingresso dei loro rappresentanti nei consigli di amministrazione e negli organi di controllo. Forse, se questo fosse accaduto per Alitalia, oggi non ci troveremmo nella presente situazione che, grazie a Berlusconi, finiremo per pagare tutti quanti. Anche la finanza e il capitalismo devono trovare dei confini invalicabili e devono essere richiamati alla loro funzione sociale. Oggi siamo al capitalismo e alla finanza senza patria né regole, i cui padroni sono i moderni usurai. Quindi la necessità della rappresentanza della realtà sociale italiana (lavoro, cultura, impresa autentica , arte, scienza, professioni e mestieri), nelle sedi istituzionali repubblicane. Altro che ridicolo e dannoso Senato delle Regioni!

Ti sembra, cara Daniela, che con Berlusconi si possa concorrere alla realizzazione di questo progetto politico? Via, non facciamo ridere…!
Berlusconi è un bugiardo che finisce per credere alle balle che racconta, un vecchio che si illude di sembrare giovane, un uomo senza stile e classe, un piazzista di se stesso, uno che ha come unica stella polare, la difesa dei suoi molteplici e non sempre limpidi interessi. Uno che definisce “eroe” un mafioso e si dimentica di Paolo Borsellino, che si è immolato per uno Stato che non c’era più, e che, lo ricordo con orgoglio, era stato iscritto al FUAN.
Ma che cosa significa allora essere di Destra?
Te lo dico con le parole di Adriano Romualdi, uno dei più acuti ed intelligenti uomini di cultura (e di azione) della Destra italiana, scomparso giovanissimo nel 1973 e figlio di Pino, “l’inventore” nel 1946, del MSI:

“Essere di Destra significa, in primo luogo, riconoscere il carattere sovvertitore dei movimenti scaturiti dalla rivoluzione francese, siano essi il liberismo o la democrazia o il socialismo.
Essere di Destra significa, in secondo luogo, vedere la natura decadente dei miti razionalistici, progressisti, materialistici che preparano l’avvento della società plebea, il regno della quantità, la tirannia delle masse anonime e mostruose.
Essere di Destra significa, in terzo luogo, concepire lo Stato come una comunità organica dove i valori politici predominano sulle strutture economiche e dove il detto”a ciascuno il suo” non significa uguaglianza ma equa disuguaglianza qualitativa.
Infine essere di Destra, significa accettare come propria quella spiritualità aristocratica, religiosa e guerriera che ha improntato di sé la civiltà europea e - in nome di questa spiritualità e dei suoi valori - accettare la lotta contro la decadenza dell’Europa”.

Ti pare che “questa” Destra possa essere compatibile con il berlusconismo?
Da una vita cerco di navigare evitando gli scogli del becero destrismo e del luogo comunismo.
Il più autorevole rappresentante del primo è Vittorio Feltri con il suo “Libero”, vera bibbia degli “ultras” del moderatismo italiano assetato di sangue, purché a sporcarsi le mani siano gli altri, mentre i più recenti portatori del secondo, sono quei “sanculotti” (se avessero le mutande sarebbero comunque firmate D&G) che hanno contestato il libro “Gli orfani di Salò” nel nome di un’antifascismo di maniera che vede in quella esperienza “il male assoluto”, in ciò, per la verità, confortati dal neoimmune Presidente della Camera Gianfranco Fini.
In apparenza opposti (Feltri e i sanculotti), ma in realtà eguali nella loro povera obbedienza al pensiero unico globale.
La Destra che è stata propinata agli italiani negli ultimi quindici anni è quella a cui fa riferimento con splendide parole sempre Adriano Romualdi:
La Destra non sarebbe una ideologia, un partito e neppure un’ideologia politica: essa è semplicemente la maggioranza dei cittadini che desiderano che i treni arrivino in orario, che le balie allattino i bambini, che i becchini seppelliscano i morti senza scioperi, contestazioni e altre cause di perturbazione dell’ordine pubblico. La Destra è la società che funziona, il governo dei “competenti”, oltre tutte le ideologie, lo Stato veramente ordinato dove gli studenti non marinano la scuola e i cani non fanno pipì nelle aiuole…”.
Aggiungici un cenno ai rifiuti di Napoli e tutto diventa di una sorprendente attualità!

Un po’ poco? Si chiedeva retoricamente Adriano Romualdi: poco, anzi pochissimo.

La Destra è slancio vitale, volontà di potenza, spiritualismo laico, estetica della politica, saldezza morale, lealtà, onore, fedeltà alla parola data, coerenza con i propri ideali, amore verso il proprio popolo, capacità di sacrificio”.

Esattamente il contrario, insomma, di quanto incarnato da Berlusconi.
Quando ho accettato di entrare in lista (all’ultimo posto: questione di stile), l’ho fatto con lo stesso spirito con il quale, di tanto in tanto, gioco un euro al superenalotto: se mi va bene (ma so che è difficilissimo), divento ricco, se va male, ho perso solo un euro.
Una piccola speranza, però, ce l’avevo. Chissà mai , mi dicevo, che attraverso le vie misteriose e tortuose si possa arrivare ad un risultato importante: quello di tenere in vita una storia politica, di ridare entusiasmo e speranza a chi li aveva perduti nei tanti tentativi falliti per la pochezza e la povera avidità di personaggini incapaci di soffrire e di costruire un moderno movimento per il futuro.
Come diceva Beppe Nicolai,: “Questa Italia non ci piace e forse neppure ci appartiene, ma è pur sempre la nostra madre e la dobbiamo amare comunque, anche se è diventata una prostituta”.
Amarla, per me, significa tentare di costruire una politica fatta di dignità ed impegno e non di posti, assessorati o sottosegretariati.
Ho l’impressione che tu, e non per colpa tua, concepisca la politica solo come propaganda. Ma se la politica senza propaganda è monca, la propaganda senza politica è niente, al più solo una pesca delle occasioni.
Una volta l’immigrazione, un’altra l’anti-islamismo o la sicurezza, o le prostitute per strada, trascurando il fatto che altre forze politiche cavalcano questi temi con ben maggior peso e maggior credibilità.
E i nostri temi forti, quelli davvero nostri e che nessuno ci potrebbe rubare? Dove li abbiamo messi, per quale strana paura non li sbandieriamo? Perché, presto o tardi, i nodi politici verranno fatalmente al pettine.
Ho finito, cara Daniela, e ti rinnovo il mio disinteressato consiglio: torna a casa.
Torna tra coloro che ti sono più congeniali anche se, durante la campagna elettorale, con raffinata squisitezza ti definivano “la zoccola dura della destra”.
Torna tra loro; magari riuscirai ad impedire alla lega di sostituire l’inno di Mameli - brutto, certo, sono io il primo a riconoscerlo, ma anche simbolo di una certa italianità - con “I pompieri di Viggiù”.
Chiedi al tuo amico di Arcore di assicurarti un posto sicuro per le prossime elezioni europee e ridiventa protagonista di quel mondo luccicante e colorato che ti appartiene; torna ai rotocalchi, alla televisione ed in quei posti dove, tanto tempo fa, c’erano i ricchi e i signori, e anche i ricchi finivano per diventare signori, e ora invece ci sono solo i ricchi.
Questa Italia, fatta di “lobbies”, di massoni, di affaristi di ogni tipo, di generali senza gloria, di arrivisti di ogni risma, è il degno scenario per questa politica senza ideali, senza valori, senza dignità.
E in questa Italia ciascuno deve essere al suo posto.
Con sincerità,
Tommaso Staiti

TOLLERANZA ZERO ! ! !


Drogato al volante investe centauro

Nel Napoletano, arrestato automobilista e compagno di viaggio

(ANSA) - NAPOLI, 23 AGO - Guida un'auto sotto l'effetto di droga, si scontra con una moto, ferendo il centauro, e fugge. E' accaduto a Quarto, nel Napoletano. Il motociclista e' stato ricoverato in ospedale con 40 giorni di prognosi. Due le persone a bordo dell'auto: Oreste Orselli, 40 anni, e Stefano Ferrillo. I carabinieri li hanno arrestati per concorso di lesioni personali, omissione di soccorso, resistenza a pubblico ufficiale; Orselli anche per guida sotto l'effetto di droga.
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E ORA MANTENIAMOLI NELLE NOSTRE CARCERI!!!

News di AdnKronos

Cronaca

ROMA: TURISTA OLANDESE VIOLENTATA, AL VAGLIO POSIZIONE 6 STRANIERI ACCAMPATI AL PORTUENSE

Roma, 23 ago. - (Adnkronos) - I Carabinieri di Ostia stanno verificando la posizione di sei cittadini stranieri che vivono all'interno di alcune roulotte nella zona di Ponte Galeria sulla Portuense, a Roma, dove questa notte e' stata aggredita una coppia di turisti olandesi che si erano accampati con la tenda nei pressi di un casolare abbandonato. I militari procederanno al piu' presto al riconoscimento. Le indagini effettuate finora fanno pensare che gli aggressori fossero persone che conoscono l'area e che occasionalmente si sono imbattute nella tenda dei coniugi olandesi. L'uomo e la donna, in viaggio attraverso l'Europa in bicicletta e rispettivamente di 54 e 52 anni, sono stati sorpresi nella notte da due persone che, dopo averli presi a bastonate fino a tramortirli, li hanno derubati di 1500 euro e a turno hanno abusato della donna.
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VIA QUESTE BESTIE DAL NOSTRO PAESE!!!
(E NON ME NE VOGLIANO GLI ANIMALI CHE MERITANO MOLTO PIU' RISPETTO DI QUESTI ESSERI)
BASTA!
BASTA!
BASTA!





RINFRESCHIAMO LA MEMORIA!!!