Anzio, città da radici profonde.

Anzio, città dalle radici profonde.
Nell'antichità Antium venne assorbita nello stato romano.
La città ospitò Cicerone quando, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli in un posto sicuro. I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate vi possedeva una villa.
Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola e Nerone.
Quest'ultimo fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, le cui rovine sono tuttora esistenti.
Nei primi del novecento, Anzio acquistò le connotazioni
di un elegante centro balneare, meta di soggiorno di alcune note famiglie dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane.

lunedì 16 agosto 2010

Indagati 4 poliziotti di Anzio (da Il Messaggero)



di GIOVANNI DEL GIACCIO
L’inchiesta è chiusa e l’accusa è pesantissima: omicidio preterintenzionale e falso. Debbono risponderne quattro poliziotti del commissariato di Anzio ritenuti responsabili dalla Procura di «aver cagionato, in concorso tra loro, la morte di Stefano Brunetti». Praticamente pestandolo, secondo quanto emerge dallo stesso capo d’imputazione. Sono accusati, inoltre, di aver attestato il falso «al fine di eseguire o occultare il reato di percosse e lesioni dalle quali è poi conseguita la morte al fine di assicurarsi l’impunità». L’episodio risale all’8 settembre di due anni fa, quando a Nettuno intorno alle 17 c’è un tentativo di furto di biciclette. I proprietari se ne accorgono, nasce una colluttazione, Stefano Brunetti viene picchiato e quando arriva la polizia condotto al commissariato. Intanto Brunetti, 43 anni, già noto alle forze dell’ordine, è rinchiuso nella camera di sicurezza prima di essere accompagnato in carcere a Velletri, dove arriva intorno alla mezzanotte. Sta male, è provato, alle 12 del giorno dopo viene portato all’ospedale di Velletri, dove muore alle 15.04
Nel verbale del pronto soccorso si legge «riferito pestaggio nel commissariato». Circostanza che i poliziotti Daniele Bruno, Massimo Cocuzza, Salvatore Lupoli e Alessio Sparacino hanno negato sin dal primo momento e anche nei recenti interrogatori. Dai quali emerge che Brunetti avrebbe anche urlato «me stanno a spaccà» ma che loro non erano all’interno di quella stanza. «Negli atti ci sono ricostruzioni diverse - dice l’avvocato Andrea Barbesin, uno dei difensori degli agenti - e vicende che vanno approfondite». Il sostituto procuratore di Velletri Luigi Paoletti ha chiuso l’inchiesta nei giorni scorsi. «E’ una questione molto delicata - dice l’avvocato Orlando Mariani, l’altro difensore - abbiamo ricevuto la notifica, aspettiamo le decisioni del giudice per una vicenda che andrà sottoposta a un’attenta analisi e valutazione».
Inizialmente si era parlato delle percosse al momento del tentato furto, ma la perizia del medico legale Gianluca Marella esclude che possano aver provocato il decesso: «L’ipotesi più attendibile è quella che un mezzo contundente abbia agito a livello dell’emitorace sinistro producendo la frattura della IX e X costa sinistra, l’infiltrazione della muscolatura intercostale e del diaframma, l’ematoma intrasplenico». Lesioni prodotte - secondo la perizia - in un orario compatibile con quello in cui Brunetti era nella camera di sicurezza. I poliziotti riferiscono che lì ha dato in escandescenza, distruggendo tutto. Ma lo stesso Marella afferma che il quadro lesivo «rende incompatibile la loro produzione per l’urto contro strutture presenti nell’ambiente». Le lesioni «sono compatibili con un’azione energica di pressione esercitata con una gamba o con un ginocchio sulla superficie posteriore dell’emitorace sinistro nel corso di un’eventuale manovra di immobilizzazione a terra». Il quadro lesivo, inoltre, «può essere compatibile anche con l’azione di mezzi contundenti “naturali” quali pugni o calci, purché esercitata con estrema violenza».
I familiari di Brunetti - che hanno seguito l’inchiesta con l’avvocato Carla Serra - ribadiscono: «Vogliamo giustizia per nostro fratello».