Anzio, città da radici profonde.

Anzio, città dalle radici profonde.
Nell'antichità Antium venne assorbita nello stato romano.
La città ospitò Cicerone quando, tornato dall'esilio, vi riorganizzò i resti delle sue biblioteche, desiderando metterli in un posto sicuro. I romani più eminenti vi costruirono bellissime ville in riva al mare. Gli imperatori della dinastia Giulio-Claudia la visitavano frequentemente e Mecenate vi possedeva una villa.
Ad Antium nacquero gli imperatori Caligola e Nerone.
Quest'ultimo fondò una colonia di veterani in città e costruì un nuovo porto, le cui rovine sono tuttora esistenti.
Nei primi del novecento, Anzio acquistò le connotazioni
di un elegante centro balneare, meta di soggiorno di alcune note famiglie dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane.

venerdì 7 marzo 2008

SI' NOI CREDIAMO ! ! !

NOI CREDIAMO


noicrediamo.png

Alzi la mano chi crede sia venuto il momento di dire le cose come stanno.
Per un po’ troppi anni siamo stati governati da persone che hanno preferito farci sognare piuttosto che parlarci concretamente. Ma è altrettanto vero che il nostro atteggiamento di sognatori è stato un atteggiamento colpevole.

Io credo sia venuto il momento di svegliarsi.
Tendenzialmente succede che ci svegliamo di soprassalto dopo qualche mese o qualche anno di governo dissennato. Ci destiamo dal nostro sognare regolare e d’improvviso capiamo che quelli che abbiamo votato e abbiamo mandato al potere, in qualche modo, ci hanno venduto solo aria fritta.
E tendenzialmente ci incazziamo.
Pesantemente.
Nelle chiacchiere da bar ce la prendiamo con questo o con quello e non risparmiamo critiche e attacchi a nessuno.
Poi succede qualcosa di strano.
Proprio all’alba delle elezioni ci riaddormentiamo e rincominciamo a sognare come sempre, dando il nostro voto sempre alle solite persone. Magari proprio a quello che fino al giorno prima avevamo criticato aspramente.
Penso che la campagna elettorale più che chiarire onestamente le posizioni di ciascuno e convincere al voto per ragioni sensate, abbia un effetto anestetico.
Non che ascoltando le tribune politiche di quasi la maggior parte dei leader non venga il sonno. Ma che da questo derivi anche l’incapacità di mantenere vigile la propria capacità di discernimento e di decidere in modo ponderato a chi dare il voto, è cosa alquanto difficile da comprendere e accettare.

Io credo sia venuto il momento di smetterla di dormire.
E credo sia venuto il momento di smetterla di sognare.

Credo anche sia venuto il momento di permettere ai soliti furbacchioni della politica di assopire la nostra capacità critica.

Il voto, quella tirata di matita che tracciamo su un simbolo nella solitudine della cabina elettorale, è una ricchezza che dobbiamo imparare a spendere meglio. E’ il compendio di ogni singola parola, di ogni singolo pensiero, di ogni singola critica che nei giorni precedenti abbiamo speso.

Non serve l’antipolitica, non serve il non andare a votare.
Serve invece recarsi in quella cabina e per una volta trasformare le proprie parole, le proprie critiche e anche la propria rabbia in un segno su un simbolo.
Non il meno peggio o quello che ci fa semplicemente battere il cuore.
Ma quello nel quale stiamo riconoscendo l’essenza e il lavoro di uomini e donne che conosciamo in faccia e che sappiamo, e lo sappiamo perfettamente, se sono persone oneste ed affidabili oppure no.

Questa legge elettorale ci ha rubato di una fetta importante di democrazia, qualcosa che avevamo tra l’altro conquistato con fatica: la preferenza.
Ma la preferenza, il voto dato alla persona, non si estrinseca solo nello scrivere quel nome nella lista.
In questi giorni stiamo parlando alle persone.
Molti di noi che sono nelle liste dei candidati per la Camera dei Deputati e per il Senato stanno uscendo dalle case e dalle sedi dei partiti e stanno portando non tanto il simbolo, ma la loro faccia e le loro idee in mezzo alla gente.

Io credo che il cambiamento che tutti auspichiamo, quel cambiamento di cui tutti ci parlano ma in cui pochi credono, debba passare proprio da questo riappropriarci della preferenza personale.
Votare il simbolo, oggi, votare La Destra oggi non è votare semplicemente un partito, ma è votare la persone che con alle spalle quel simbolo si è intrattenuta con il pensionato per strada, per sentire le sue ragioni e toccare con mano la difficoltà mostruosa del vivere con 500 euro al mese.
E’ votare le persone che si muovono nella città, che conoscono i mali e le magagne. Le persone che lavorano come tutti lavorano, che fanno la spesa, che avvertono il peso folle dei prezzi, che si incazzano esattamente come tutti per la benzina a 1,40 €.

Questa non è politica.
Questo non è sognare.
E questo non è nemmeno assopire la propria capacità critica.
Questa è rivoluzione.
Far comprendere finalmente che in Parlamento il popolo vuole uomini e donne del popolo che lavorano per il popolo, perchè del popolo conoscono i problemi, le difficoltà e ne condividono le speranza.

Nessun commento: